La storia del terzino dimenticato: Dino Fiorini.

In una di quelle sere d’estate della collina emiliana, precisamente il 15 luglio 1915, nacque a San Giorgio in Piano, poco sopra Bologna, Dino Fiorini. Diventerà il terzino sinistro più forte d’Italia e uno dei migliori di sempre.
La sua è una storia di fato, circostanze e scelte. Il primo gli ha aperto la strada verso la gloria, le seconde lo hanno portato alla fine dei suoi giorni e le terze sono quelle con cui ha dovuto confrontarsi per tutta la vita.

Fiorini

Dino Fiorini è stato, in primis, un grande atleta. Arpad Weisz, deus ex machina del Bologna “che tremare il mondo fa”, nonché la persona che lo allena, lo descrisse così: “Fiorini per sette, otto mesi della stagione è sempre in gran forma. Durante questo periodo non si passa e ne sanno qualche cosa i suoi avversari. Copre i 100 metri in 11 secondi, salta in alto e in lungo come uno specialista e quando spicca il volo per prendere un pallone alto pare di vedere una scultura, talmente meraviglioso e perfetto è il suo stile”. Amen.
Lui nasce calcisticamente proprio nelle giovanili rossoblù, in cui entra a 14 anni. Ha grande personalità Dino, così tanta che, a volte, non la puoi arginare. Per esempio: dopo essersi messo in luce con le riserve del Bologna, viene promosso in prima squadra. Quella squadra, però, era già coperta nel suo ruolo. Ci sono, infatti, due giocatori come Gasperi e, sopratutto, Eraldo Monzeglio, il grande fluidificante che vinse i primi due Mondiali della nostra storia e che, anni dopo, sarà allenatore di livello. Qui interviene il fato. Gasperi si fa male e così, l’11 giugno 1933, a poco meno di 18 anni, Fiorini debutta in Serie A, contro la Pro Patria.

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“Mettetevi d’accordo perché uno dei due presto mi lascia il posto!”. Con queste parole si presentò il ragazzino Fiorini  proprio a Gasperi e Monzeglio quando ancora era riserva. Ceffone da parte di entrambi, ma entrambi capirono che quel ragazzino non scherzava. Era un predestinato. Più di tutti lo ha capito Weisz, che non si oppone più di tanto ad un altro intervento del fato e delle circostanze.

Eraldo_Monzeglio Felice_Gasperi

Sono anni caldi in Italia e diventeranno roventi, poco dopo, in Europa. A Roma è salito al potere Mussolini e con lui il Fascismo. Siamo nel pieno del Ventennio.
Monzeglio, in quanto insegnante di tennis dei figli del Duce, viene richiesto proprio dalla Roma. La classica offerta che non si può rifiutare. Via Monzeglio, dentro Fiorini. Da quel momento il “boffel” – il bufalo – non mollerà più la sua fascia.
E ti credo. Anticipò di quarant’anni i vari Breitner, Cabrini, Briegel, Maldini e compagnia. Negli anni ’30, il gioco del terzino era sostanzialmente quello di spazzare l’area di rigore dalle palle vaganti, dare il raddoppio – ma non sempre – al centrale difensivo e fermare l’avanzata dell’ala avversaria. Stop.
Chi ha visto giocare Dino Fiorini, ha fatto un viaggio gratuito verso il futuro. Oltre le caratteristiche classiche del difensore laterale, il sangiorgese sapeva impostare, sapeva proporsi in avanti come appoggio al regista, sapeva all’occorrenza anche fare gol. Questo perché la Divina Provvidenza gli fornì un mix fisico-tecnico che nessun altro difensore avrebbe mai avuto. Con le dovute proporzioni, assomigliava al primo Gareth Bale, quando al Tottenham giocava laterale difensivo sinistro.
In più, faceva tutto con un’estrema naturalezza e facilità. Era padrone emozionale della sua fascia. Lo chiamavano il “Conte Spazzola”, probabilmente più per come andava su e giù per la corsia che per i suoi rinvii.

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In alcune partite, addirittura, venne utilizzato come ala o come mediano. In un aggettivo, futuristico.
Abbinata a tutto ciò, una personalità forte, a volte estrema. Poteva apparire strafottente, come a San Siro, di fronte al, forse, più forte giocatore italiano di sempre, il Pepin Meazza: “Meazza? Piacere, Fiorini. Vede questo pallone? Lo guardi bene, perché dopo non lo vedrà”.
Che poi non la vide lui, la palla, in quella partita, è cosa di poco conto. Meazza è pur sempre Meazza.
Nei numeri, spesso, ci sono varie chiavi di lettura. Nei suoi solo una: vincente. Quattro scudetti col Bologna, una Coppa Mitropa nel 1934 e il Trofeo dell’Esposizione di Parigi del 1937, dove il Bologna sculacciò i maestri inglesi, in quel caso rappresentati dal Chelsea, per 4-1.

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Ora, però, è il momento delle scelte. Per esempio, Fiorini è un bel ragazzo e diciamo che se ne era reso conto. Le donne facevano a gara per uscire con lui. Piaceva, era un bravo calciatore con auto stupende e soldi. La più lesta di tutte fu Italia Degli Esposti, che diventò la signora Fiorini e diede a Dino tre eredi. In più, ci mise poco per diventare testimonial di una nota marca di brillantina – Bourjois –  all’epoca usata da chiunque. Era amato dai bolognesi e lui amava la “sua” città. I giornali locali usavano solo due aggettivi per descriverlo: esuberante e impetuoso. Era nettamente una stella in ascesa. Era così spavaldo che alle partite arrivava in macchina, quando tutti i suoi compagni, solitamente, usavano il tram.
Aveva l’Italia ai suoi piedi. Era uno dei protagonisti nel Bologna ed era in rampa di lancio per essere titolare fisso anche in Nazionale.

Poi arrivò una di quelle stagioni che non vorresti mai giocare, che non ha mai un vincitore o un eroe, e che fa sempre regredire chi vi partecipa. Sempre e comunque. È la Guerra Mondiale. Le circostanze.
Fiorini si era sempre schierato politicamente, con il suo piglio ineguagliabile, franco e diretto. Partito Fascista. Non rinnegherà mai la sua scelta. Nel 1943, fu tra i fondatori del Partito Fascista Repubblicano ed entrò, con i gradi di Tenente, nella Guardia Nazionale Repubblicana – o GNR – e girava con la divisa per le strade di Bologna, senza battere ciglio.

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La storia la conosciamo. Sappiamo come andò a finire. La Guerra, per l’Italia, finì il 25 aprile del 1945. Un anno prima, però, con la fine del Ventennio e la rivolta partigiana che liberò il nostro Paese, Fiorini era in chiaro pericolo. I fascisti venivano cercati dappertutto e, possibilmente, uccisi. Molti di loro, fecero marcia indietro e passarono a quello che il giorno prima era il nemico.
Si presume che la vita di Dino Fiorini, da San Giorgio in Piano, si spense una notte a Monterenzio, con due pallottole partigiane nella schiena. Il mistero dura tutt’oggi. Il corpo non fu mai ritrovato. Le denunce della moglie ignorate. Si rincorrono una serie di ipotesi, più o meno plausibili.
Sono stati scritti libri e articoli per portare la luce in questa vicenda, oramai si direbbe in editoria, di dominio pubblico. La verità, presumibilmente, non si saprà mai.

L’unica verità è il trattamento riservato a lui e alle sue donne, che continueranno ad inseguirlo anche da morto, senza mai trovare risposta o una tomba su cui piangerlo. No, così è troppo e la cosa più strana, però, è che il fato, le circostanze e le sue scelte abbiano fatto dimenticare a tutta l’Italia uno dei più bravi giocatori dalla sua storia calcistica.

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